Vibrazione Focale

Una passeggiata, un viaggio in macchina, una pacca sulla spalla, una stretta di mano… Il mondo che ci circonda ci sottopone continuamente a stimoli diversi, molti dei quali sono riconducibili a fenomeni meccanici di tipo vibratorio.
L’impatto dei passi sul terreno, il rollio delle ruote di un’auto percepito attraverso il sedile o l’onda d’urto che si propaga attraverso il corpo a seguito di un impatto, generano vibrazioni che l’organismo percepisce e analizza generando un feedback.

Ma che cos’è una vibrazione? Possiamo descriverla come un movimento oscillatorio centrato su un punto di equilibrio; ad esempio il movimento di un pendolo rappresenta un buon esempio di oscillazione. L’ambiente che ci circonda è intriso di vibrazioni: il suono, ad esempio, di fatto è una vibrazione trasmessa attraverso l’aria. Il nostro corpo è letteralmente cosparso di meccanismi in grado di percepire molti tipi di vibrazione nonostante siamo ben lontani da percepirli tutti.

Per capire quali tipi di vibrazione “interessano” il corpo umano, possiamo cominciare a definire le variabili di base che descrivono una vibrazione:
frequenza e ampiezza.

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La frequenza misura la quantità di oscillazioni che avvengono al secondo, ovvero la quantità di “cicli” nell’unità di tempo.

Nel caso del pendolo di un orologio il movimento oscillatorio avviene una volta al secondo, ovvero alla frequenza di 1 hertz (Hz). Se, per assurdo, si accelerasse il meccanismo del pendolo fino a fargli completare 2 oscillazioni al secondo potremmo parlare di 2 Hz e così via. La gamma di suoni generalmente percepita dall’orecchio umano spazia da 20 a 20.000 Hz. Così, quando si sente un suono l’orecchio invia al sistema nervoso centrale un segnale con caratteristiche diverse a seconda del tipo di vibrazione che recepisce: ad esempio, il suono di un tamburo che risuona a 40 Hz non è lo stesso che percepiamo udendo un fischietto che risuona a oltre 10.000 Hz.

La seconda variabile, ovvero l’ampiezza, misura la distanza percorsa da un punto identificato all’interno dell’elemento vibrante, a partire dal suo punto di equilibrio, fino al punto in cui invertirà il proprio movimento cominciando ad avvicinarsi nuovamente al punto di equilibrio.

grafico oscillazione

Nel caso del sopracitato pendolo, non sarebbe altro che la distanza percorsa a partire dal suo punto di equilibrio fino al punto in cui il pendolo comincerà ad invertire il proprio senso di marcia.
Nel caso delle onde sonore, più saranno ampie tanto più genereranno un suono intenso; invece man mano che la loro ampiezza si riduce sarà sempre più per l’orecchio riuscire a percepirle.

Oltre ai suoni esistono altri tipi di vibrazione in grado di stimolare il corpo; infatti nel corpo abbiamo diversi tipi di meccano-recettori, distribuiti in diverse parti del corpo, atti a captare questi segnali e classificarli in vari modi: uno di questi è in base alla loro composizione anatomica e al loro comportamento meccanico-elettrico.

Come per degli interruttori, a seconda del tipo di componenti e della loro disposizione, i meccano recettori possono essere azionati da stimoli diversi.

In base a tale classificazione, tipi diversi di meccano recettori risultano suscettibili a tipi diversi di stimolo meccanico. Il preciso ruolo di ciascun tipo di meccano recettore è ancora argomento di discussione e approfondimento nella comunità scientifica.

Tuttavia, numerosi studi pubblicati in oltre mezzo secolo ci permettono di asserire che meccano recettori diversi si comportano in modo relativamente selettivo rispetto al tipo di stimolo meccanico/vibratorio da cui sono investiti; mentre il sistema funzionale a cui appartengono identifica il percorso sensoriale dei segnali afferenti conseguentemente innescati dallo stimolo e, come risultato, questo condiziona il feedback di risposta.

pacini

Ad esempio, i corpuscoli di Pacini, sono recettori sensibili a frequenze vibratorie più alte rispetto agli altri meccano recettori e vengono definiti “ad adattamento rapido”; questi sono in grado di riportare il loro potenziale di azione in stato di riposo in pochi millisecondi.

In letteratura, autori come Loewenstein e Skalak, negli anni ’60 hanno osservato e descritto il modello meccanico di tali corpuscoli, mentre autori come Ferrington, Nail o Rowe, nella decade successiva hanno analizzato e descritto l’influenza che questi corpuscoli possono avere sulla percezione sensoriale in relazione ai diversi tipi di stimolo meccanico evidenziando una particolare sensibilità di questi corpuscoli a frequenze comprese tra 40 Hz e 1000 Hz; identificando la frequenza più efficiente per stimolarli intorno ai 300 Hz. Negli anni ‘90 viene pubblicata una systematic review inerente a questo tipo di corpuscoli e, tra i diversi argomenti, viene messo in evidenza come da un punto di vista anatomico essi siano localizzati in diverse parti del corpo inclusi tendini, fasce muscolari ed organi interni nonostante la più alta concentrazione sia nel derma profondo delle mani e in particolar modo nei polpastrelli.

Altri tipi di corpuscoli sono ad esempio quelli di Meissner, anch’essi ad adattamento rapido e particolarmente sensibili al movimento oppure quelli di Merkel, definiti ad adattamento lento, sono più sensibili allo stimolo pressorio; infine i corpuscoli di Ruffini, oltre ad avere un ruolo nel rilevamento della temperatura, anch’essi ad adattamento lento, sono sensibili allo “stiramento” e localizzati nel derma profondo e nelle articolazioni e sono in grado di rilevare lo stato tensivo dei tessuti fornendo informazioni essenziali al SNC permettendo così di adattare il movimento.

La percezione tattile e l’adattamento propriocettivo sono una risultante della sintesi delle informazioni che questi recettori inviano al sistema nervoso centrale che, oltre ad analizzare tali informazioni, invia treni efferenti di impulsi al sistema nervoso periferico per innescare un adattamento.

Il ruolo clinico di questi recettori è ampiamente discusso in letteratura e molto ancora deve essere scoperto. Essi possono essere analizzati come elemento predittivo di una patologia, ad esempio quando si presentano con una morfologia anomala o reagiscono in modo anomalo agli stimoli o, di contro, possono anche essere usati come “canale di comunicazione” utile ad innescare uno stimolo informativo in grado di generare una risposta di adattamento sul sistema nervoso centrale.

Gli effetti della vibrazione sul corpo umano sono oggetto di studio e pubblicazioni da oltre un secolo. Gli studi più recenti hanno approfondito come lo stimolo vibratorio sia in grado di generare effetti positivi sull’organismo.

In ambito terapeutico è possibile distinguere la vibrazione usando due discriminanti principali: la frequenza e la porzione del corpo a cui viene applicata.

In base alla frequenza si possono identificare stimoli ad alta frequenza, ovvero dai 70 Hz in su, e stimoli a bassa frequenza, ovvero fino a 70 Hz.

In base alla porzione del corpo trattata la letteratura parla di:

  • whole body vibration“, nel caso in cui lo stimolo interessi tutto il corpo a partire principalmente dagli arti inferiori la cui struttura viene usata come “cassa di risonanza” per trasmettere lo stimolo a tutto il resto del corpo;
  • focal vibration” nel caso in cui lo stimolo interessi una porzione ben identificata del corpo attraverso appositi trasduttori. Se al concetto di vibrazione focale si aggiunge il concetto di “protocollo” si può parlare anche di “repeated focal vibration“.

La differenza di fondo tra vibrazione focale e whole body vibration risiede in due elementi interconnessi: risonanza e diffusione dello stimolo.

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Per quanto concerne il primo elemento, facendo vibrare il corpo sfruttando uno stimolo vibratorio applicato agli arti, a causa delle caratteristiche meccaniche dei tessuti, che presentano rigidità diverse, la “risonanza” della vibrazione che pervade il corpo quando si applica la “whole body vibration” genera una vibrazione che risuona a frequenze diverse sui diversi tipi di tessuto in funzione della loro rigidità rendendo così difficile fornire uno stimolo selettivo e controllato.

Per quanto riguarda il secondo elemento, l’ampiezza della vibrazione necessaria per esercitare uno stimolo che pervada buona parte del corpo, risultano spesso controindicazioni che limitano l’impiego di questo tipo di stimolo.

Nel caso della vibrazione focale è possibile controllare sia frequenza che ampiezza in modo preciso nei punti dove è indicato lo stimolo vibratorio riducendo al minimo le controindicazioni e permettendo una migliore selettività.

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I campi applicativi sono ampi e ogni anno vengono pubblicati nuovi studi che descrivono l’impiego della vibrazione in nuove branche della medicina.

Ad oggi, la terapia ha dato risultati promettenti in diversi campi: decorso post ictus, riabilitazione post-chirurgica, osteoporosi, danni al sistema nervoso periferico, atrofia muscolare, riabilitazione ortopedica, geriatria, performance sportiva.

Le ragioni addotte e studiate che permettono di raggiungere il risultato terapeutico vengono generalmente ricondotte a due macro categorie di reazioni indotte:

  • modificazione di alcuni parametri ormonali a seguito dello stimolo, come per alcuni fattori di crescita e per il cortisolo;
  • modificazione della plasticità del sistema nervoso centrale che avviene con modulazioni diverse a seconda che si trattino persone sane o pazienti affetti da temporanea disabilità motoria.

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