Velocizzare i tempi dei risultati sul recupero motorio del paziente neurologico
Il recupero motorio del cosiddetto “paziente neurologico” rappresenta una sfida ardua per qualsiasi terapista. Infatti eventuali risultati positivi arrivano dopo lunghi periodi di riabilitazione funzionale e nella maggior parte dei casi bisogna accontentarsi di miglioramenti minimi che avvengono nell’arco di mesi di lavoro metodico e ripetitivo.
Se presso il nostro centro si presentasse un paziente affetto da dolore o con una brutta distorsione di caviglia o reduce da un intervento chirurgico, avremmo a disposizione diverse opzioni di terapia, alcune più efficaci e veloci, altre che richiedono più tempo, ma in ogni caso avremmo molte possibilità di azione. Lo stesso non si potrebbe certo dire per quei casi in cui la “restitutio ad integrum” del paziente dipende in buona parte dalla capacità del sistema nervoso centrale (SNC) di interagire con il sistema nervoso periferico (SNP).
Atrofia, deficit motorio, perdita di forza e di equilibrio, sono tutti disturbi associati ad una comunicazione tra SNC e SNP deficitaria.
Oltre ad eventuali trattamenti farmacologici (di cui non ci occupiamo in questa sede), l’esercizio controllato, il movimento propriocettivo, gli esercizi funzionali, il biofeedback sono alcuni esempi di azioni terapeutiche che possono essere intraprese per seguire il cosiddetto “paziente neurologico”.
Lo scopo di ciascuno di tali stimoli non è tanto quello di migliorare la meccanica dei tessuti o di accelerare la loro rigenerazione, quanto di stimolare la capacità dei tessuti stessi di scambiare informazioni con il cervello. È attraverso queste forme di rieducazione e di “allenamento” neuronale che si procede verso il miglioramento clinico. Tutto questo richiede molto tempo e grande dedizione.
Esiste un modo per accelerare il percorso di recupero motorio del paziente neurologico?
Sappiamo che le unità motrici, le relative sinapsi e i meccanorecettori ad esse connessi giocano un ruolo fondamentale nello scambio informativo che avviene tra SNC e SNP. Già all’inizio del secolo scorso si studiava come poter stimolare questi organi a scopo terapeutico. Nel 1975 Lucier et al. con uno studio pubblicato su Journal of Physiology descrivevano come lo stimolo vibratorio fosse in grado di amplificare l’attività̀ neuronale in modo massimale posto che il meccanorecettore di riferimento fosse sottoposto a uno stimolo vibratorio con frequenze specifiche.
Qual è il ruolo dello stimolo di vibrazione focale?
Nel corso degli anni decine di studi sono susseguiti riguardo al ruolo terapeutico della vibrazione focale. Ad esempio Saggini et al. nel 2006 ne descrivono gli effetti positivi sulla fatica muscolare. Nel 2009 Filippi et al. evidenziano gli effetti di questo tipo di terapia fisica sul controllo della posizione e sulla forza muscolare. Tra gli anni 2012 e 2020 altre pubblicazioni di autori internazionali (Spina et al., Rotovich et al, Lee et al, Toscano et al., Rabini et al.; etc.) hanno descritto come la vibrazione focale sia un efficace strumento terapeutico per contrastare il deficit motorio che si presenta in molti pazienti affetti da patologie diverse.
In quali condizioni la vibrazione focale potrebbe rappresentare un utile alleato?
- Sindrome Miofasciale Dolorosa.
- Sarcopenia geriatrica.
- Sindrome del piede piatto.
- Sindrome del ginocchio del saltatore.
- Recupero della forza muscolare in stati patologici che impattano sul sistema locomotorio come ictus, sclerosi multipla, paralisi, lesioni incomplete midollari, decorso post chirurgico, osteoartrite del ginocchio.
- Recupero equilibrio propriocettivo, equilibrio posturale, controllo motorio in stati patologici che impattano sul sistema locomotorio come ictus, sclerosi multipla, paralisi, lesioni incomplete midollari, decorso post chirurgico, malattia di Charcot Marie Tooth, morbo di Parkinson, osteoartrite del ginocchio.
- Decorso riabilitativo post Ictus; Spasticità muscolare; Osteoporosi e densità minerale ossea.
- Disfunzioni motorie geriatriche con particolare applicazione per la prevenzione delle cadute dell’anziano.
- Disfunzione sessuale maschile.
- Incontinenza urinaria.
- Decorso riabilitativo post tumorale solo nei casi con evidenza clinica di completa eradicazione delle cellule tumorali.
- Decorso riabilitativo post Ictus.
Quali sono le caratteristiche che deve avere uno strumento per garantire uno stimolo vibratorio efficace da un punto di vista terapeutico?
In base all’analisi della letteratura sopra menzionata è possibile definirne i tratti fondamentali:
- Data la diversa sensibilità a frequenze diverse di meccano recettori di diverso tipo, lo strumento deve permettere di controllare la frequenza vibratoria e di modularla su una scala che va da poche decine fino a 300 Hz.
- Data la profondità e la distribuzione di alcuni meccano-recettori all’interno del corpo umano, lo strumento deve garantire una forza vibratoria sufficiente (come minimo 6 Newton/cm2 o 0.6 bar) su tutte le frequenze applicabili per poter raggiungere gli strati profondi di tessuto. Quanta più massa verrà trattata tanta più forza sarà necessaria.
- Data l’innata capacità adattiva dei meccano-recettori che riduce nel tempo l’effetto della vibrazione sull’eccitabilità del recettore stesso, lo strumento deve garantire la possibilità di creare segnali vibratori intermittenti o variabili nel tempo di applicazione al fine di contrastare tale fenomeno adattivo e massimizzare lo stimolo per tutta la durata della terapia.
- Data l’estensione e la distribuzione delle parti corporee utili da trattare con la vibrazione focale lo strumento deve garantire la possibilità di distribuire lo stimolo vibratorio su applicatori diversi da posizionarsi su zone del corpo diverse.
- Dato che gruppi muscolari diversi risultano sensibili a frequenze vibratorie differenti, lo strumento dovrebbe avere la possibilità di applicare frequenze vibratorie variabili su ciascun applicatore.
- Dato che gli effetti terapeutici di lungo periodo migliorano quando lo stimolo vibratorio è combinato al movimento volontario, è utile che lo strumento permetta di fissare gli applicatori al corpo mentre è libero di muoversi
- Richiedendo alcune applicazioni di esercitare elevati livelli di pressione sul corpo (e.g. trigger point) e raggiungendo anche parti del corpo molto specifiche (e.g. Sottoscapolare; piriforme etc…) è utile che lo strumento permetta di usare gli applicatori di varia misura sia in via manuale sia in applicazioni automatiche
- Vista la necessità di ripetere il trattamento anche più volte alla settimana è utile che lo strumento sia il più silenzioso possibile.
- Data l’ampissima applicabilità della vibrazione focale in ambito performance e in ambito geriatrico, è utile che lo strumento abbia dimensioni e peso tali da renderlo trasportabile sul campo o a casa del paziente.
Anche se esistono diversi tipi di strumenti per vibrazione focale, ad oggi esiste solo uno strumento in grado di rispondere a tutte le caratteristiche sopra elencate. Scopri quale… clicca sul bottone qui sotto.